venerdì 16 aprile 2010

Legge regionale n. 9 del 26 marzo 2009

Torniamo a commentare la Legge regionale n. 9 del 26 marzo 2009 approvata dal consiglio regionale della regione Piemonte.

Poco più d'un anno fa il Consiglio della Regione Piemonte approvava una Legge che stabiliva: "... la Regione nella scelta dei programmi per elaboratore elettronico, privilegia i programmi appartenenti alla categoria del software libero e i programmi il cui codice è ispezionabile dal titolare della licenza." (art. 6 co. 2°).

Se da un lato la scelta veniva accolta con entusiasmo dai sostenitori del software libero, dall'altro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, non avendo problemi più gravi ed urgenti di cui occuparsi, impugnava questa norma chiedendo alla Corte Costituzionale di dichiararla illegittima.

Se da un lato la Corte Costituzionale ha ritenuto, a ragione, illegittimo l'articolo 1 comma 3 di cui ho espresso il mio giudizio nel post precedente, ha altresì ribadito che la preferenza per il software libero è legittima e rispetta il principio della libertà di concorrenza.

In sostanza, secondo la Corte, preferire Software Libero non viola la libertà di concorrenza, in quanto la libertà del software è una caratteristica giuridica generale e non una caratteristica tecnologica legata a uno specifico prodotto o marchio: questa sentenza mette a nudo l'inconsistenza degli argomenti di quanti, fino ad oggi, si sono opposti all'adozione di norme che favoriscono il software libero argomentando che confliggono con il principio di "neutralità tecnologica".

Si potrebbe addirittura considerare questa sentenza come una sentenza storica in Italia nel suo genere.

Un'ulteriore riflessione deve essere rivolta al fatto che per sancire un diritto di scelta sia stata necessaria una sentenza della Corte costituzionale in risposta alle critiche di illegittimità del Consiglio dei Ministri.
Tali critiche risultano essere ancora più gravi se si considera il fatto che si sarebbero voluti imporre software proprietari e con costi elevati.


A corredo i link alla legge regionale e alla sentenza della Corte Costituzionale:






martedì 13 aprile 2010

Sviste e Sentenze

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 1 della legge regionale n. 9 emanata dal Piemonte il 26 marzo 2009, tale disposizione riguarda l'adozione e la diffusione del software libero e la portabilità dei documenti informatici nella pubblica amministrazione e, seppur affermando di voler garantire la diffusione del software libero, ne "dimentica" le caratteristiche.

All'articolo 1, comma 3, della legge bocciata si legge che "alla cessione di software libero non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 171-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633".
Un insieme articolato e incomprensibili di numeri, leggi e commi per stabilire che non si sarebbero dovute applicare le disposizioni della normativa nazionale a protezione del diritto d'autore.

E' grave, sopratutto per chi si interessa dell'argomento e vi legifera, confondere il software libero con un'assenza di diritti da parte dell'autore, arrivando a ritenere che una ridefinizione delle regole del gioco della proprietà intellettuale come quella effettuata dalle licenze open corrispondesse ad un'assenza di regole.

Le licenze Open Source non sono state quindi considerate vere e proprie licenze dimenticando e non riconoscendo, in pratica, il valore del fattore virale delle licenze di software libero, caratteristica che gli permette di rimanere tale anche nelle sue successive modifiche imponendo l'obbligo di ri-diffusione sotto la medesima licenza, e le altre disposizioni stabilite a sua tutela.

Eppure le controversie che chiamano in causa licenze Open Source crescono in numero esponenziale anche se spesso si concludono con un accordo tra le parti.
Altre volte assistiamo ad una condanna per la controparte che viola tali licenze (riconosciute quindi tali a pieno diritto).


Un caso concreto ed attuale è la condanna dell'azienda francese Edu4, condannata da una corte d'appello per violazione della licenza GNU GPL.

Nel 2000, infatti, Edu4 aveva equipaggiato diversi PC utilizzando una versione derivata di Virtual Network Computing (VNC) per consentire agli educatori di amministrare a distanza le macchine.

Tuttavia l'azienda non aveva rilasciato il codice sorgente del software modificati, come invece è previsto dalla GPL e come richiesto espressamente dall'associazione.
Nel 2002, inoltre, avrebbe messo a disposizione del codice che non corrispondeva alla versione installata nel 2001 e inoltre, secondo l'accusa, avrebbe modificato la licenza del programma cancellando il riferimento alla GPL e attribuendosi la paternità delle tecnologie libere VNC.

Questa sentenza riconosce la concretezza e la viralità delle licenze Open Source stabilendo inoltre che l'autore di un software libero non è l'unico ad avere il diritto di far valere il rispetto del diritto d'autore, soprattutto se di mezzo vi sono clausole di una licenza, che oltre al diritto d'autore chiama in causa le due parti, licenziante e licenziatario.