Poco più d'un anno fa il Consiglio della Regione Piemonte approvava una Legge che stabiliva: "... la Regione nella scelta dei programmi per elaboratore elettronico, privilegia i programmi appartenenti alla categoria del software libero e i programmi il cui codice è ispezionabile dal titolare della licenza." (art. 6 co. 2°).
Se da un lato la scelta veniva accolta con entusiasmo dai sostenitori del software libero, dall'altro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, non avendo problemi più gravi ed urgenti di cui occuparsi, impugnava questa norma chiedendo alla Corte Costituzionale di dichiararla illegittima.
Se da un lato la Corte Costituzionale ha ritenuto, a ragione, illegittimo l'articolo 1 comma 3 di cui ho espresso il mio giudizio nel post precedente, ha altresì ribadito che la preferenza per il software libero è legittima e rispetta il principio della libertà di concorrenza.
In sostanza, secondo la Corte, preferire Software Libero non viola la libertà di concorrenza, in quanto la libertà del software è una caratteristica giuridica generale e non una caratteristica tecnologica legata a uno specifico prodotto o marchio: questa sentenza mette a nudo l'inconsistenza degli argomenti di quanti, fino ad oggi, si sono opposti all'adozione di norme che favoriscono il software libero argomentando che confliggono con il principio di "neutralità tecnologica".
Si potrebbe addirittura considerare questa sentenza come una sentenza storica in Italia nel suo genere.
Un'ulteriore riflessione deve essere rivolta al fatto che per sancire un diritto di scelta sia stata necessaria una sentenza della Corte costituzionale in risposta alle critiche di illegittimità del Consiglio dei Ministri.
Tali critiche risultano essere ancora più gravi se si considera il fatto che si sarebbero voluti imporre software proprietari e con costi elevati.
A corredo i link alla legge regionale e alla sentenza della Corte Costituzionale:
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